Vedi, o Eterno, che io sono in angoscia. Le mie viscere fremono, il mio cuore è sconvolto dentro di me, perché sono stata grandemente ribelle. Fuori mi priva di figli la spada, in casa è come morte.
»Guarda, o Eterno, e considera. Chi hai trattato in questo modo? Dovevano le donne mangiare il frutto del loro grembo i bambini che accarezzavano? Dovevano il sacerdote e il profeta essere massacrati nel santuario del Signore?
Tu lo sai, o Eterno, ricordati di me e visitami, e vendicami dei miei persecutori; nella lentezza della tua ira non portarmi via; sappi che per amor tuo ho portato lobbrobrio.
»O Eterno, io ho udito il tuo parlare e ho paura; o Eterno, fa rivivere la tua opera nel corso degli anni, nel corso degli anni falla conoscere. Nellira ricordati della compassione.
Tutti i passanti battono le mani contro di te; fischiano e scuotono la testa contro la figlia di Gerusalemme: »E questa la città che chiamavano »la bellezza perfetta« »la gioia di tutta la terra«?«.
Essi mi dissero: »I superstiti che sono scampati dalla cattività sono laggiú nella provincia, in grande miseria e obbrobrio; inoltre le mura di Gerusalemme sono piene di brecce e le sue porte consumate dal fuoco«.